Carattere: indipendente ma riservato
Emozione primaria: disprezzo, avversione
Conflitto: di relazione
Diritto negato: di esistere
Paura: della compagnia, di vivere con gli altri
Illusione di Sé: “penso dunque esisto e sono speciale e unico”
Comportamento: superbo e asociale
Energia fisica: alta; energia mentale: bassa (-ecto, +meso,+endo)
Colore utile: giallo, “trova la gioia di vivere, sorridi al tuo cuore”
Le tre fasi della vita in un batter d’occhio: nel passato sono stato rifiutato, vivo il presente in virtù del futuro per non essere disprezzato, ma ho Paura del futuro perché potrei sentirmi accolto
Un’anima rifiutata si sentirà inutile in tutto il suo essere, sia fisico che mentale. Sente di non essere degna di esistere e di non meritare niente dalla vita. Proverà disprezzo ogni volta che incapperà in situazioni in cui verrà o riceverà un rifiuto, e per questo motivo avrà paura di stare con gli altri, di avere una compagnia o un partner. Queste situazioni comportano il rischio di essere rifiutati. Per evitare un possibile rifiuto e quindi una ferita più profonda eviterà di stare con gli altri, diventando un asociale, misantropo; per lui il detto “meglio solo che mal accompagnato” è un istinto vitale. Quest’anima avrà uno scarso senso di sé, un io molto debole e un contatto con il corpo e le sue sensazioni molto limitato. Tende a dissociare il pensiero dal sentire: ciò che pensa non sempre è collegato ai suoi sentimenti. Tende a ritirarsi in se stesso perdendo il contatto con la realtà che è all’esterno perché non si fida di nessuno.
Il carattere sarà indipendente ma riservato. Apparentemente è il classico bambino o adulto che non si vede e non si sente, cercherà sempre di non apparire, di non farsi notare, siederà in fondo alla sala, all’ultimo banco in fondo a destra, non alzerà mai la mano per dire la sua e se non è d’accordo con l’interlocutore, abbasserà gli occhi e ingoierà le parole, le braccia e le gambe incrociate saranno il chiaro segnale che non vuole avere contatti con nessuno. Parla poco e lascia intendere, non affronta le problematiche ma le fugge, non crede di essere capace di stare con gli altri. Cerca di non attaccarsi alle cose materiali perché non le merita, e poi a cosa servono, pensa, se è infelice dentro al cuore. Si crede uno zero assoluto, una nullità, è convinto che nessuno possa amarlo o accettarlo, si auto denigra, si disprezza ma rivolge questa negatività al mondo intero; odia tutti, diffida di chi gli fa del bene e se viene accettato sarà il primo a scappare perché teme che possa entrare a far parte di un gruppo, e questo per lui è impossibile, ci deve essere sicuramente un inganno o una convenienza se lo hanno accettato. Ha pochissimi amici e conoscenze, se non è cercato non cercherà nessuno, piangerà in silenzio e al buio ma non avrà la forza di chiedere aiuto, il suo grido di disperazione si materializza in gesti inconsulti e tragici, come il suicidio o l’omicidio. Prima di giungere a questo gesto estremo, passerà attraverso le fasi del rancore, dell’odio e del disprezzo per se stesso e per chi l’ha rifiutato. Umiliare e tradire chi lo ama e lo desidera è quello che gli riesce meglio, solo così potrà essere rifiutato nuovamente per sentirsi ancora più vittima.
La ferita del rifiuto ha avuto nel primo periodo di vita un vissuto molto difficile o di mancata accettazione da parte di un genitore o di chi ne ha fatto le veci, spesso i nonni. Per poter sopravvivere e non sentire troppo il dolore, il bambino ha organizzato la sua personalità separando la mente dal copro, si è staccato dalle sensazioni corporee e si è rifugiato nel mentale, ma in forma conflittuale e negativa. Da adulto cerca di essere riconosciuto come essere vivente, blocca le emozioni; la sua estrema sensibilità e vulnerabilità lo conducono, per non soccombere a un eventuale rifiuto, ad attuare un atteggiamento difensivo di asocialità e distacco dalle emozioni; vivere in solitudine è la difesa per non avere relazioni che potrebbero concludersi con un ennesimo rifiuto. Questa totale chiusura lo espone a improvvise crisi di panico se è costretto a stare tra la gente o in un ambiente che non lo vuole.
L’emozione innata in chi cerca di sanare la ferita del rifiuto è il disprezzo. Si tratta di uno stato emotivo-affettivo provocato da una totale mancanza di stima verso qualcuno o qualcosa (più spesso associato a esseri viventi). Il rifiutato disprezza tutto e tutti, “il mondo non mi vuole e io non voglio il mondo”. Il suo rifiuto è totale, coinvolge l’amore, gli affetti e in generale i sentimenti positivi, che vengono interpretati come impossibili, perché “nessuno mi può amare”. L’amore non esiste, Dio non esiste. Anche il disprezzo ha una valenza adattiva. In una prospettiva evoluzionistica lo si può considerare come una modalità espressiva che serve per preparare l’individuo o il gruppo a fronteggiare un avversario pericoloso, un nemico (D’Urso e Trentin, 1992). L’emozione del disprezzo viene espressa prevalentemente nelle situazioni di interazione sociale. Ogni volta che nella vita ci sentiremo rifiutati proveremo disprezzo.
La paura esistenziale è quella di stare in compagnia, delle persone, dei posti affollati. Il panico prevale, il soggetto rifiutato ha paura di tutti, di viaggiare, delle festività, il giorno, delle richieste, di provare affetto, delle separazioni, della scuola, della comunità, di avere figli, di poter uccidere.
Dott. Mauro Piccini
da https://embriologiaemozionale.vpsite.it/bussola-costituzionale
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